La passione per la distruzione è anche una passione creativa
Mikhail Bakunin
Dare l’avvio a una nuova serie di una rivista ”storica” come Collegamenti Wobbly per l’organizzazione diretta di classe risponde a un’esigenza che la rete dei compagni e delle compagne che l’ha deliberato sente con forza, e cioè l’arricchire e completare il quotidiano intervento nel conflitto di classe con uno strumento di comunicazione e riflessione che ne permetta una comprensione più alta e ricca.
Quando si è avviata la discussione sulla nuova serie della rivista l’abbiamo definita “una rivista militante fatta da militanti”, non si tratta di intendere il termine “militante” in un’accezione riduttiva, al contrario indica la scelta di prendere parte di proporsi un’azione effettiva, di contribuire come si sa e come si può, come lo stesso titolo dichiara, allo sviluppo dell’organizzazione diretta di classe.
Una rivista saldamente collocata nell’oggi e con la prospettiva di riflettere sugli scenari futuri e, tuttavia, una rivista che ha una storia più che quarantennale, per certi versi molto ricca e complessa, e che questa massa di esperienze ha saldi riferimenti.
Collegamenti, per l’organizzazione diretta di classe, allora al titolo non si era ancora aggiunto il termine “Wobbly”, nasce nella prima metà degli anni Settanta come bollettino/rivista ciclostilato a cura di una rete di collettivi di fabbrica e di quartiere dell’area milanese.
Nasce avendo esattamente gli stessi obiettivi generali che ci diamo oggi, nasce dentro quell’esperienza che viene, in maniera un po’ generica, definita area dell’autonomia proletaria per dare voce a una componente che ha i suoi riferimenti teorici nella tradizione del sindacalismo d’azione diretta, dell’anarchismo classista, del comunismo dei consigli tedesco/olandese, della critica radicale della burocratizzazione del movimento operaio incarnata, per far un solo esempio, da riviste come “Socialisme ou barbarie”.
La ricchezza dei riferimenti storico teorici non ne fa in alcun modo una rivista sincretica, al contrario, l’internità forte al conflitto di classe permette di rielaborare il portato delle precedenti tradizioni teorico politiche dentro l’azione quotidiana nei posti di lavoro e nei territori. Tutto è filtrato quindi dal conflitto di classe e da una discussione serrata fra i compagni e le compagne che vi prendono parte. Ogni teoria, ogni ipotesi deve funzionare nella vita quotidiana dei lavoratori e dei compagni.
Questa caratteristica permette ai compagni e alle compagne che animano questa prima serie di elaborare, nel contempo, un’analisi minuziosa, una sorta di cassetta degli attrezzi per la guerriglia sociale e una riflessione collettiva sui momenti più alti della storia del movimento di classe, dalla rivoluzione tedesca del primo dopoguerra agli IWW, dei quali non a caso viene ripreso il simbolo del gatto selvaggio, la cui massiccia diffusione negli anni seguenti è stata, mi si permetta una celia, il nostro maggior successo.
Nella seconda metà degli anni settanta Collegamenti si trasforma in una rivista stampata ed è editata da una redazione più ampia che vede la presenza di compagne e compagni, oltre che di Milano, di Firenze, Torino, Reggio Emilia, Roma, Perugia, Todi, Napoli, Cagliari, ed altre sedi.
Si accresce, rispetto, alla prima serie l’attenzione al quadro internazionale, lo spazio per la riflessione teorica, l’organizzazione di iniziative nazionali.
Il cuore della rivista resta però immutato al punto che i compagni della redazione di Roma quando diffondono il primo numero a stampa sui gradini dell’università, nella fase aurorale del movimento del ‘77, rivendicano con burlesco orgoglio, il suo carattere di rivista “moralista” e “fabbrichista”.
In realtà, la rivista sarà attraversata dalle tematiche che caratterizzarono il movimento del ‘77 e dovrà affrontare le questioni poste dall’irrompere sulla scena dei gruppi della lotta armata, dall’incrudirsi della repressone statale, dalle mutazioni del quadro politico, e in particolare, sul piano istituzionale, dal compromesso storico fra PCI e DC, e, sul piano sindacale, dalla svolta dell’EUR.
Con la sconfitta sul campo della classe operaia, sconfitta che convenzionalmente viene individuata nella vittoria della Fiat e nella marcia dei 40.000 nel 1980, ma che in realtà è un fenomeno molto più ampio, articolato e complesso, anche Collegamenti - ed era forse in inevitabile vista la sua internità al ciclo di lotte degli anni Settanta- vive un momento di profonda crisi, si indebolisce e si sfilaccia la rete dei collettivi di lavoratori alla quale fa riferimento e, nel contempo, appare evidente che lo stesso ciclo di lotte che ha prodotto la rivista è giunto, per l’essenziale, alla fine.
Pure, il percorso della rivista prosegue in maniera carsica. A Milano un gruppo di compagni che vengono da quella storia danno vita a “Wobbly foglio di lotta del precariato sociale” che ha una robusta circolazione nei primi movimenti di massa dei precari e in alcune case occupate e centri sociali del milanese.
Si può dire che parte del precedente tessuto militante insegue le punte alte del conflitto sociale, al punto da riarticolare le proprie stesse forme di azione e di organizzazione, non più federazione di collettivi di posto di lavoro e di quartiere, ma rete multiforme di collettivi di lotta in continua e tumultuosa composizione e scomposizione.
Di nuovo però urge il bisogno di un livello più alto di riflessione: negli anni Ottanta nasce Collegamenti Wobbly, che è il prodotto di una continuità e di una discontinuità, della rivendicazione del filo rosso della teoria critica e della ridefinizione del proprio campo d’azione.
Anche in questo caso nuovi temi arricchiscono l’elaborazione della rivista, mentre si affronta l’analisi puntuale della nascita di una serie di aggregazioni di lavoratori sul terreno del conflitto come ad esempio i comitati di base degli insegnanti e dei ferrovieri, si sviluppa una riflessione collettiva sul nazionalismo, sulla crisi del blocco sovietico, sui nuovi linguaggi e sulle nuove culture che attraversano la nostra stessa classe.
Infine, ancora una volta, c’è uno scarto, derivante dall’indebolirsi del rapporto di diversi redattori con la militanza immediata la percezione della necessità di un approfondimento teorico favorisce una ridefinizione formale e sostanziale: Collegamenti diventa Collegamenti Wobbly per una teoria critica libertaria.
Vi è nei tredici numeri di questa serie una valorizzazione più forte che nel percorso precedente di un’identità politico teorica, l’esigenza di una ricerca sganciata dall’attività militante immediata.
Non a caso cresce lo spazio dedicato a materiali storici, al dibattito teorico, persino a spunti di carattere letterario, alle recensioni mentre i campi d’interesse dei singoli redattori e collaboratori tendono, per alcuni versi, ad autonomizzarsi.
Non dobbiamo però dimenticare che oltre a Collegamenti diversi redattori della rivista avevano animato “Di base” una rivista espressione dei militanti di orientamento libertario dei sindacati, appunto, di base sorti in quegli anni.
Uno strumento ancora una volta di informazione, orientamento, formazione sulle lotte, sui percorsi organizzativi, sui problemi di fondo del movimento di classe.
Torniamo all’oggi, compagne e compagni coinvolti o interessati allo sviluppo del conflitto sociale oggi, dopo averne discusso a lungo, dopo aver superato dubbi e resistenze, visto che quello attuale non è certo un tempo favorevole alle riviste militanti, hanno scelto di lanciare il cuore oltre l’ostacolo o, per dirla come qualcuno di noi, di riprendere il motto “scarpe rotte eppur bisogna andar” e di dar vita a una nuova serie. Il piano di lavoro che intendiamo sviluppare prevede cronache ragionate delle lotte, analisi della situazione sociale ed economica, schede tecniche su problemi di particolare importanza quali ad esempio la legislazione sul lavoro, testi di approfondimento storico e teorico e informazioni sul quadro internazionale.
Un programma certo ambizioso, che si realizzerà solo se la rivista susciterà l’interesse attivo dei compagni e delle compagne che sui terreni proposti agiscono e riflettono, se saprà essere un luogo aperto di discussione non legato a particolari appartenenze organizzative ma a concrete esperienze.
Hic Rhodus, hic salta.
Cosimo Scarinzi